Gli atti persecutori compiuti dopo la fine di un matrimonio ed il legame con il reato di stalking

Quando due persone decidono di porre fine al loro matrimonio sono tanti gli aspetti problematici che si devono affrontare ed il più delicato riguarda il fatto che, nella maggioranza dei casi, non sempre un coniuge, per lo più gli uomini, accetta la fine della relazione e inizia a compiere una serie di atti persecutori nei confronti dell'ex partner diventando in un certo qual modo il suo stalker.

Lo stalker non è un semplice molestatore, ma una persona che, con profondi disagi personali, sfoga le sue frustrazioni e ossessionato dal riprendersi il controllo ed il possesso della sua donna, inizia a perseguitarla e minacciarla, la segue ovunque e a qualsiasi ora, si fa trovare nei luoghi da lei frequentati e le telefona o invia messaggi insistentemente e di continuo. Tutto ciò porta la vittima ad avere paura, ansia, stress, stravolgimento della vita privata e di relazione, ma anche problemi nei rapporti sociali e di lavoro, fino a provocare depressione e disturbi di tipo psichiatrico.

Questo atteggiamento persecutorio, che nei casi più gravi può culminare con la minaccia di morte e persino l'omicidio, è un reato previsto dall'ordinamento penale all'art. 612 bis e rubricato “atti persecutori” che punisce salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura generando un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero costringendo la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.

Secondo un consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale per minaccia si intende la prospettazione ad altri di un male futuro ed ingiusto la cui verificazione dipende dalla volontà dell'agente, mentre per molestia si indica ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosamente l’equilibrio psico-fisico normale di un individuo, ribadendo che entrambe possono realizzarsi con una molteplicità e vastità di forme idonee a produrre un effetto forzato sulla libertà psichica della vittima ed una indesiderata intrusione nella sua sfera individuale.

Il perdurante e grave stato d'ansia o di paura cui fa riferimento il reato in esame deve essere inteso non come stato patologico clinicamente accertato, bensì come uno stato d'animo della persona offesa, caratterizzato da sentimenti di esasperazione e di profonda prostrazione, concretamente accertabili e non transitori. Per la configurabilità dell'evento, occorre quindi che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima e la relativa prova si ricava dagli elementi sintomatici di tale turbamento espressi dalle dichiarazioni della vittima e/o dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta del persecutore.

Questo è quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5499 del 2019 che analizzava il comportamento dell'imputato che, a seguito della separazione, non aveva rispettato le prescrizioni relative al rapporto con i figli, pretendendo di vederli al di fuori degli orari e dei giorni stabiliti e aveva così minacciato la sua ex moglie telefonandole sul luogo di lavoro per insultarla con frasi gravemente offensive, ed esprimendo nei suoi confronti chiare minacce che per i giudici integrano pienamente le condotte abituali perseguite dal suddetto reato.

Nel caso de quo, pertanto, la Cassazione ha confermato la condanna dell'uomo per il suo comportamento realizzato con la volontà di porre in essere più condotte di molestia e minacce, e specificando che “per far scattare il reato di stalking è necessario e sufficiente che gli atti persecutori abbiano avuto un effetto destabilizzante sulla serenità e sull'equilibrio psicologico della vittima”.

Al fine della configurabilità del reato è inoltre richiesto che le condotte siano reiterate nel tempo e lo stesso organo giudicante ha ribadito che integrano il delitto di cui si parla anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma in esame, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale (sent. n. 11450 del 14 marzo 2019).

Occorre ribadire poi che se l'esecuzione di tali comportamenti avviene in presenza di figli, spesso usati dal persecutore come mezzo per ossessionare ancora di più l'ex partner minacciandola di toglierli o rapirli, si è in presenza del reato di stalking commesso con l'aggravante che conseguentemente determina un aumento di pena.

Dal punto di vista della tutela che spetta alla vittima, qualora dovesse subire detti comportamenti vessatori, preme evidenziare che si può presentare una querela nel termine di sei mesi o fare un esposto al Questore affinché questi ammonica oralmente lo stalker e, se dopo l'ammonimento il persecutore continua a perseguitare la vittima, si procederà d'ufficio con una pena aggravata almeno di un terzo. In certi casi lo stalker subisce la conseguenza di essere pure allontanato dai propri figli perché può causare loro dei rischi, talvolta anche molto gravi, che non possono assolutamente farsi passare inosservati, anche se ciò viene ad incidere sul principio della bigenitorialità.

Dell’ammonimento viene redatto processo verbale di cui una copia viene rilasciata al richiedente l’ammonimento e una all’ammonito. L’ammonimento può essere incluso tra le misure di prevenzione, in quanto attraverso questa procedura l’istante espone i "fatti", che saranno oggetto della valutazione del Questore in merito alla fondatezza dell’istanza.

Al riguardo, infatti, il Questore forma il proprio convincimento sulla sussistenza della pericolosità sociale del presunto stalker mediante l'esame dei fatti narrati dalla presunta vittima, le controdeduzioni dell'ammonendo, le informazioni degli organi investigativi, e le dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti.

Se si tratta, infine, di condotte che prevedono la reiterazione, il soggetto può essere diffidato e può pure scattare una misura cautelare coercitiva come il divieto di avvicinamento a determinati luoghi o l'obbligo di mantenere una certa distanza dai luoghi frequentati dalla vittima, dai suoi familiari o persone a lei legate da relazione affettiva.

In conclusione è possibile dunque affermare che lo scopo della norma è quello di sanzionare determinati episodi di minacce o molestie reiterate, prima che queste possano degenerare in condotte ancora più gravi ed allora non bisogna sottovalutare un comportamento insistente del proprio ex ed omettere la denuncia agli organi all'uopo competenti, dal momento che il silenzio rischia di mettere a repentaglio la vita propria e di chi ci sta accanto.

Dott.ssa Ilenia Vella