La riserva legale ex art. 2430 c.c., ratio e modalità operative.

Nel Codice Civile, Titolo V, Capo V, Sez. IX, la disciplina che regola il procedimento di approvazione del bilancio di esercizio di una società, è riferita a società di capitali in cui viene scelto il sistema di amministrazione e controllo tradizionale, nel quale l’approvazione del bilancio spetta all’assemblea ordinaria dei soci (a differenza del sistema dualistico in cui spetta al consiglio di sorveglianza).

Una volta redatto il bilancio, gli amministratori ne fanno comunicazione al collegio sindacale, insieme alla relazione, almeno trenta giorni prima del giorno previsto per la riunione dell’assemblea che deve discuterlo, ex art. 2429, comma 1, c.c.

Il collegio sindacale è tenuto, allora, a redigere una relazione sia sulla tenuta della contabilità della società, facendo riferimento ad eventuali deroghe decise dagli amministratori, sia ai risultati di esercizio raggiunti dalla compagine societaria.

Ai sensi dell’art. 2409-bis c.c., poi, il revisore incaricato del controllo contabile deve presentare analoga relazione, con giudizio finale sul bilancio.

Il bilancio deve rimanere depositato nella sede della società, a disposizione di ciascun socio, durante i quindici giorni che precedono l’assemblea, e finché questa lo abbia approvato, ex art. 2429 c.c.

Oltre al bilancio, devono restare depositate le copie dei bilanci delle società controllate ed un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dei bilanci delle società collegate.

L’assemblea ordinaria ha facoltà di approvare il bilancio oppure di rifiutarne l’approvazione, rimanendo controversa, in dottrina e giurisprudenza, la possibilità della sola modifica.

Essa, inoltre, può sempre deliberare sulla destinazione degli utili, ai sensi dell’art. 2433 c.c., dato che gli utili conseguiti nell’esercizio della società non sono tutti distribuibili agli azionisti (dividendi), sia perchè è possibile che, nei precedenti esercizi, si siano registrate perdite non ancora reintegrate, ex art. 2433, comma 3, c.c., sia perchè il codice prescrive che almeno una ventesima parte degli utili debba essere trattenuta dalla società per costituire un fondo di riserva (c.d. riserva legale), fino a che questo non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale, così come disciplinato dall’art. 2430, comma 1, c.c.

Oltre alla riserva legale, sono previste anche la riserva statutaria e la riserva facoltativa, intendendosi rispettivamente, quella indicata dallo statuto accanto alla riserva legale e quella che, invece, viene disposta dall’assemblea in sede ordinaria, la quale nel momento in cui approva il bilancio di esercizio, non delibera di distribuire tutti gli utili disponibili, destinandoli, in tal modo, a riserva.

Tuttavia, dato che la costituzione della riserva legale è prescritta nell’interesse dei creditori sociali, tale tipo di riserva risulta indisponibile da parte della società. Se ad esempio, difatti, la riserva legale diminuisce a causa di perdite sopravvenute, essa deve essere necessariamente reintegrata negli esercizi successivi, prelevando almeno una ventesima parte degli utili annuali, ex art. 2430, comma 2, c.c. La norma, infatti, dispone che la somma dedotta dagli utili netti annuali (art. 2102 c.c.), deve essere corrispondente almeno per la ventesima parte di essi, per poter costituire una riserva e, soprattutto, come sopra accennato, la riserva deve essere reintegrata ove diminuisca per qualsiasi ragione.

E’ necessario specificare, inoltre, che dal momento in cui la riserva legale raggiunge un ammontare pari ad un quinto del capitale sociale, l’accantonamento non è più obbligatorio.

Il motivo della necessaria reintegrazione, poi, si deduce dalla definizione stessa di riserva legale. Infatti, trattandosi di una riserva che deve essere costituita in forza di disposizioni di legge, destinata a futuri impieghi, essa si prefigge lo scopo di fornire tutela alla società, in vista di sopravvenute perdite, senza attingere, però, dal capitale sociale. La reintegrazione delle perdite di esercizio, infatti, può avvenire o mediante l’utilizzo del/i fondo/i di riserva o mediante la riduzione del capitale sociale oppure ancora con il rinvio della perdita al futuro e la successiva copertura con gli utili conseguiti.

Nel bilancio, il fondo di riserva viene inserito nella voce del passivo dello stato patrimoniale, non divenendo mai oggetto di distribuzione ai soci sotto forma di utili. I soci, quindi, non godono del fondo che può, però, essere utilizzato per affrontare perdite di esercizio o simili esigenze aventi carattere eccezionale.

La riserva statutaria, invece, è prevista dallo statuto sociale ed è quindi obbligatoria, a meno che lo statuto non subisca modificazioni che intacchino la riserva stessa.

Ma la riserva può anche avere carattere facoltativo nel caso in cui viene disposta in seguito a deliberazioni dell’assemblea dei soci, secondo i bisogni della gestione sociale.

Risulta inoltre chiaro il disposto del successivo art. 2433, comma 2, c.c., che vieta la distribuzione di utili non realmente esistenti.

Si deduce che la riserva legale assuma funzione di protezione del capitale sociale, attraverso l’accantonamento di utili, tale da non intaccarlo nel caso di sopravvenute perdite subite dagli esercizi futuri. Le perdite, infatti, vengono coperte anticipatamente dal fondo di riserva, attingendo dal capitale sociale soltanto in caso di eccedenza.

Il regime legale per l’eccedenza segue lo stesso del fondo di riserva e quindi non può essere distribuito ai soci. La funzione di tutela del capitale rileva maggiormente se lo statuto prevede, altresì, la riserva statutaria e se l’assemblea delibera la costituzione di riserve facoltative, dato che entrambi i tipi di riserva mirano a realizzare ulteriori accantonamenti ai fini di una maggiore sicurezza in vista della gestione di futuri esercizi.

Lo scopo del legislatore, allora, è quello di imporre in maniera previsionale, una protezione del capitale sociale della società, per escludere i danni apportati da una gestione poco accorta.

La riserva legale può quindi essere inquadrata in un’ottica di autofinanziamento obbligatorio, che salvaguarda l’integrità del capitale sociale, a garanzia, inoltre, dei diritti dei creditori sociali. Secondo la giurisprudenza, infatti, <<la riserva costituita presso la società con il maggior prezzo realizzato, in occasione di aumenti di capitale, rispetto al valore nominale delle azioni e non distribuito ai soci, può, oltre i limiti della riserva legale (o, eventualmente, statutaria) essere legittimamente impiegato per l'acquisto di azioni proprie>>.

Dottrina e giurisprudenza ritengono, all’unanimità, che la riserva legale non può essere utilizzata per scopi diversi dall’integrazione delle perdite.

Nonostante ciò, parte della dottrina ritiene ammissibile il suo impiego anche per un aumento gratuito del capitale sociale. L’art. 2430 c.c., infatti, al secondo comma, dispone che la riserva deve essere reintegrata se risulta diminuita per qualsiasi ragione e proprio l’espressione <<per qualsiasi ragione>> indurrebbe a ritenere fattibile una riduzione del fondo di riserva anche in occasioni diverse dalla reintegrazione delle perdite.

Per ciò che concerne le società a responsabilità limitata, il nuovo comma dell’art. 2643 c.c., introdotto dall’art. 9, comma 15-ter, D.L. 28/06/2013, n.76, convertito con modificazioni dalla L. 09/08/2013, n.99, dispone che <<la somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione>>.

In tal modo il nuovo comma dell’art. 2643 c.c. non risulta contrastare con l’art. 2430 c.c., piuttosto esternando la funzione di consolidare gli obblighi della società nei confronti della tutela del capitale sociale.

Prestando particolare attenzione alle compagini societarie meno capitalizzate, l’intento del legislatore risulta diretto al raggiungimento di una maggiore patrimonializzazione delle società.

Ad esempio, qualora la somma del capitale sociale e della riserva legale non superi i 10.000,00 Euro, sarà necessario accantonare a riserva legale il 20% degli utili netti. Se al contrario, detta somma sia pari o superiore a 10.000,00 Euro, dovrà essere accantonato il 5% degli utili a riserva legale.

La riserva legale rientra nella classificazione delle riserve disponibili, tra le riserve di primo grado, che possono essere utilizzate solamente per la copertura delle perdite ed il loro impiego è subordinato all’esistenza di determinate condizioni.

Si differenziano dalle riserve di primo grado, quelle di secondo grado che possono essere utilizzate, oltre che per la reintegrazione delle perdite, anche per la distribuzione ai soci. Rientra, ad esempio, in questa categoria di riserve, la riserva da sovrapprezzo azioni. L’art. 2431 c.c., infatti, dispone che <<le somme percepite dalla società per l'emissione di azioni ad un prezzo superiore al loro valore nominale, ivi comprese quelle derivate dalla conversione di obbligazioni, non possono essere distribuite fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il limite di 1/5 del capitale sociale>>.

Infine, le riserve di terzo grado possono essere impiegate liberamente, essendo pienamente disponibili, come ad esempio le riserve facoltative di utili. Nel bilancio di esercizio, infatti, la nota integrativa deve includere la compilazione di prospetti in cui devono essere indicate origine, disponibilità e distribuibilità delle riserve, tramite componente tabellare.

L’art. 2424 c.c., fornisce già, difatti, una classificazione del patrimonio netto per origine e nella nota integrativa è obbligatorio indicare anche la classificazione per destinazione.

Si rileva perciò, l’esistenza di determinati tipi di riserva a seconda della destinazione. Si hanno, allora, riserve non disponibili, che non possono essere impiegate; riserve disponibili che vengono, invece, impiegate per la copertura di perdite e/o per aumenti del capitale, ma non sono distribuibili ai soci; riserve distribuibili, che possono essere divise fra i soci.

E’ necessario specificare che la distribuibilità può non coincidere con la disponibilità degli utili come nell’esempio della già citata riserva da sovrapprezzo azioni.

Le riserve possono, comunque, essere impiegate nella società, per diverse operazioni a seconda dei loro vincoli e della loro natura.

Si distinguono, infine, riserve di capitali e riserve di utili, istituendosi le prime in sede di formazione del bilancio senza alcuna delibera dell’assemblea ed iscrivendosi, invece, le seconde, nel bilancio di esercizio successivo a quello da cui l’utile emerge, essendo necessaria l’approvazione del bilancio stesso da parte dell’assemblea con conseguente delibera assembleare di destinazione dell’utile.

Dott.ssa Alessandra Scaffidi