Nuova difesa legittima domiciliare

La riforma della legittima difesa (L. del 26 Aprile 2019, n. 102) ha profondamente modificato le regole della legittima difesa all'interno di case o luoghi di lavoro, ovvero nei luoghi in cui si svolgono attività commerciali, professionali o imprenditoriali. Più nel dettaglio, la citata legge del 2019 non ha comportato alcuna innovazione con riguardo al primo comma dell'art. 52 c.p. che continua a prevedere quali elementi costitutivi della legittima difesa la necessità di difendere un diritto proprio od altrui; il pericolo attuale di un'offesa ingiusta; e il rapporto di proporzione tra la difesa e l'offesa. Parzialmente innovati sono stati, invece, i commi secondo e terzo della disposizione in commento con riferimento ai quali è stato introdotto l'avverbio “sempre” riferito all'elemento costitutivo della proporzione che già prima del 2016 si presumeva iure et de iure quando l'aggressione veniva svolta nei luoghi di cui all'art. 614 c.p. e quelli nei quali si volge l'attività lavorativa. La reale novità apportata dell'art. 52 c.p. consiste nell'introduzione di un quarto ed ultimo comma che estende l'ambito della presunzione citata a tutti gli elementi della fattispecie scriminante quando l'aggressore ricorra a violenza, minaccia o uso di armi. Sicché il discrimine tra il secondo e il quarto comma dell'art. 52 c.p. risiede nella violenta modalità di realizzazione della condotta aggressiva ai danni della vittima.

 

1. La difesa legittima nella formulazione originaria dell'art. 52 c.p.

Nel suo testo originario l'art. 52 c.p. con una formulazione tanto semplice quanto lineare, nel definire la legittima difesa si limitava a disporre che non era punibile “chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Alla luce di una sintetica analisi della giurisprudenza più accreditata in merito ai tre presupposti della scriminante in argomento si sostiene che:

- con riferimento al presupposto della necessità questa sussiste quando la reazione difensiva della vittima dell'aggressione è imprescindibile per neutralizzare il pericolo e la stessa non sia in alcun modo sostituibile da nessun'altra reazione meno lesiva ma egualmente efficace;

- con riferimento al pericolo, invece, è consolidata l'opinione secondo cui questo debba essere necessariamente attuale perché sia scriminata la reazione difensiva. In particolare “attuale” significa pericolo presente (cioè “in atto”) o comunque incombente nel momento in cui viene posta in essere la condotta reattiva. Sono esclusi, quindi, i casi in cui la reazione difensiva serve per neutralizzare un pericolo futuro) già superato;

- infine, è necessario che la condotta difensiva sia proporzionata all'offesa ricevuta.
E' pacifico che la proporzione debba essere misurata facendo un raffronto dei beni che nel caso di specie entrano in conflitto: deve sussistere un rapporto di equilibrio tra il bene minacciato e il bene difeso, che il più delle volte coincidono rispettivamente con il bene vita e il bene patrimonio.

Tanto ciò premesso è evidente che nonostante le modificazioni introdotte con le novelle del 2006 e del 2019, l'art. 52 c.p. rimane inalterato nel comma 1.

 

2. La prima riforma all'art. 52 c.p.: la L. 13 febbraio 2006, n. 59.

In particolare già con la riforma del febbraio 2006 il legislatore ha previsto, nell'ipotesi in cui l'aggressore penetri in uno dei luoghi considerati di privata dimora o di attività lavorativa, una presunzione legale della proporzione tra difesa ed offesa. Il nuovo comma 2 dell'art. 52 c.p. ha stabilito infatti che in tale caso: “sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui quando non vi è desistenza e non vi è pericolo di aggressione”.

Al fine di arginare il rischio di interpretazioni di questa norma che fossero incostituzionali e vietate dalla normativa Cedu, la migliore dottrina penalistica si è impegnata ad evidenziare i limiti che nonostante la riforma continuano a condizionare l'applicazione della scriminante. Ed invero si è innanzitutto evidenziato che la presunzione in parola fosse riferibile al solo presupposto della proporzione che dev'esserci tra offesa e difesa. Ne consegue che gli altri due requisiti della fattispecie (la necessità della reazione difensiva e l'attualità del pericolo) debbano essere accertati dal giudice al fine di poter applicare le legittima difesa di cui al comma 2 dell'art. 52 c.p.

Non di non poco rilievo appare peraltro la circostanza in base alla quale, ai fini dell'operatività della presunzione di cui al comma secondo citato, la stessa dovesse essere corredata da altri puntuali requisiti tra cui in particolare la c.d. “doppia legittimazione”: il soggetto agente doveva essere legittimamente presente nei luoghi oggetto dell'illecita intrusione e l'arma (o l'altro mezzo idoneo a difendere) doveva essere legittimamente posseduta.

Preme a questo punto esaminare quali siano le conseguenze della novella del 2019 che ad una prima lettura sembra consacrare il diritto di difendersi sempre all'interno delle mura domestiche e dei luoghi di lavoro.

 

3. La L. n. 102 del 2019 ed i rischi di trasformare il diritto di difendere in licenza di uccidere.

La L. 26 aprile, n. 102 del 2019, come già la novella del 2006, ha lasciato inalterato il comma 1 dell'art. 52 c.p, ha confermato i commi 2 e 3 della stessa disposizione apportando alcune modifiche, e ha aggiungo un ulteriore e ultimo quarto comma ed un altrettanto rilevante comma 2 dell'art. 55 c.p. destinato specificatamente a regolare l'eccesso colposo nella legittima difesa.

La circostanza che il comma 1 non sia stato innovato sta a significare che la legittima difesa nella sua formulazione “base” (fuori dai luoghi di privata dimora o dove si svolge l'attività lavorativa del singolo) continua a richiedere la sussistenza dei presupposti originari della necessità, dell'attualità del pericolo e della proporzione tra offesa e difesa.

La modifica apportata al comma 2 della disposizione in commento, invece, si limita ad aggiungere l'avverbio “sempre” con riferimento alla sussistenza del rapporto di proporzione tra offesa e difesa quando l'aggressione si realizza nei luoghi di cui all'art. 614 c.p. ovvero nei luoghi in cui si esercita un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale (ex comma 3, art. 52 c.p.).

Sicché in seguito alla riforma del 2019 si è precisato che “sussiste sempre il rapporto di proporzione”.

Alla luce della recente riforma costituisce, dunque, un'ipotesi di presunzione assolta totale quella rinveniente dal nuovo comma 4 dell'art. 52 c.p il quale stabilisce che: “nel caso di cui al secondo e terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso delle armi o di altri mezzi di coazione fisica da parte di una o più persone.”
Trattasi, come già anticipato, di presunzione assoluta totale in quanto non riguarda più soltanto un singolo elemento della scriminante, bensì l'intera scriminante della legittima difesa e dunque tutti i suoi elementi costitutivi (agisce sempre in stato di legittima difesa).

E' evidente che l'elemento discrimine tra il conservato comma 2 e il nuovo comma 4 dell'art. 52 c.p. è rappresentato dalle specifiche modalità (violente) con cui l'aggressore invade i luoghi del domicilio nella sua accezione più estesa.

Le critiche mosse alla c.d. nuova legittima difesa domiciliare nascono in ragione della facilità con cui è possibile scriminare la condotta di colui il quale si difende dall'aggressione altrui: parrebbe che qualora vi sia stata intrusione in uno dei luoghi indicati ai commi 2 e 3 dell'art. 52 c.p. mediante violenza o minaccia di uno delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, nel respingere l'intrusione non sussista più alcun limite. Risulterebbe automaticamente scriminata ogni azione difensiva dell'agente – ferme le condizioni anzidette – purché diretta a respingere l'intrusione.

Ed invero, l'unico limite alla efficacia esimente della reazione dell'aggredito sembrerebbe desumibile dal testo stesso del comma 4 dell'art. 52 c.p.: la reazione, come si è rilevato, deve essere compiuta “per respingere l'intrusione”, cioè per bloccare colui che si sta introducendo con violenza o minaccia nell'abitazione o nel luogo di lavoro altrui o per allontanarlo. Se costui, invece, ha già desistito dall'entrare o si sta già allontanando dai luoghi anzidetti, colui che ponesse in essere una condotta difensiva dal potenziale rilievo penale non potrebbe invocare la scriminante della legittima difesa.

 

4. In particolare: la riforma del 2019 incide anche sulla disciplina dell'eccesso colposo con riferimento ai fatti di cui all'art. 52, commi secondo, terzo e quarto, c.p.

La novella del 2019 ha introdotto un'altra importante novità modificando la disciplina dell'eccesso colposo nella legittima difesa.

La riforma del 2019 ha aggiunto a questo articolo un nuovo e secondo comma che, con specifico riferimento alla difesa legittima, ha previsto che “nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'art. 52 c.p., la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'art. 61 comma 1, n.5, c.p. ovvero in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto.”

La novità consiste nella circostanza che se prima la verifica dell'eccesso colposo era strettamente connessa alla valutazione dell'elemento psicologico riferibile al soggetto aggredito, adesso nelle specifiche circostanze dell'aggressione domiciliare e con le modalità specifiche del nuovo comma 4 dell'art. 52 c.p., viene introdotta una nuova causa di esclusione della pena. Sicché secondo la nuova disciplina dell'art. 55 c.p. nel caso in cui il soggetto abbia reagito all'aggressione in stato di minorata capacità di difesa o grave turbamento indotto dalla situazione di pericolo, nei luoghi indicati nei commi 2 e 3, non è mai punibile neppure se l'inconsapevolezza dell'eccesso è dovuto a sua colpa o addirittura a colpa grave. Fa eccezione, ovviamente, la sussistenza del dolo.

L'unico aspetto di criticità che si è posto nella dottrina e giurisprudenza con riferimento a questa nuova scusante (ex art. 55, comma 2, c.p.) riguarda la dubbia compatibilità con il comma 4 dell'art. 52 c.p. che presume nella sua totalità la legittima difesa (quindi sia la necessità, sia l'attualità che la proporzione). Per superare questa apparente antinomia la via interpretativa da preferire è quella che sostiene la riferibilità della valutazione dello sforamento dei limiti solo con riguardo a quello del respingimento dell'intrusione.


Dott.ssa Francesca Paola Solito